Gli articoli della Dott.ssa Elisabetta Vellone
§ Il coronavirus e le sue vittime § Il polmone nero dell'umanità § Proviamo a ripartire dall'amore genitoriale
Il coronavirus e le sue vittime
Dott.ssa Elisabetta Vellone
Il polmone nero dell'umanità
Abbiamo smesso di amarci e di amare la vita; la vita smetterà di amare noi.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
Proviamo a ripartire dall'amore genitoriale
Capacità d'impegno e senso di responsabilità
Si è letto in questi giorni sui quotidiani a proposito di "quei genitori che avvelenano le scuole di calcio" e potremmo aggiungere con cognizione di causa quei genitori che avvelenano regolarmente le varie possibili scuole frequentate dai figli. Ricordiamo che l'amore genitoriale per unicità ed eccellenza dovrebbe essere all'insegna della gratuità in linea con il sacro principio del vero bene dei figli, vero bene che si concretizza nell'essere amorevolmente erudito, accompagnato e guidato, durante la delicata età della formazione, ad esprimersi e manifestarsi secondo le proprie risorse e le proprie potenzialità all'insegna di quel filo rosso coerente qual è il sacro rispetto di se stessi, degli altri e del dono della vita.In detta complessa fase formativa, del piccolo/giovane, caratterizzata dalla naturale dipendenza dalle figure di riferimento, il genitore, agevolato dalla fiducia privilegiata di cui gode da parte di questi, ha il dovere morale e civile di fornirgli attraverso l'esempio e i sani criteri della comunicazione onesta tutto il bagaglio di risorse psicologiche e mentali raccolte sotto il titolo di capacità affettive adeguate e funzionali per la persona.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
In tutte le prestazioni personali, ed in particolare in quelle sportive, lo stato di armonia e di corrispondenza fra corpo e mente si basa sul naturale appagamento tra bisogni fisici e mentali intendendo per bisogno la conditio sine qua non . Fin dai tempi antichissimi la scienza dell'alimentazione venne applicata allo sport quindi, in termini fisici, è assodato che l'apporto adeguato di sostanze nutritive basato su una alimentazione responsabile consenta e promuova lo stato di salute del corpo atletico; mentre, per quanto concerne i bisogni mentali escludendo il settore professionisti affermati, regna ancora una tendenza all'improvvisazione spontanea che affannosamente corrisponda alla fame di stimoli positivi caratterizzante la mente giovanile.Per legge di natura l'attività mentale tende a regolare, in cicli reiteranti, moltissime azioni del corpo e della psiche (il ciclo del sonno; il ciclo della fame; quello della massima efficienza soggettiva ecc.) l'azione mentale della ciclicizzazione dei comportamenti consiste nella automatizzazione dei medesimi aumentandone così la velocità di esecuzione, la padronanza e la disinvoltura del soggetto nonché il senso di sicurezza personale grazie all'ordine mentale che si realizza e che comunemente definiamo abitudini. Le quali, come rito o rituale personale che attraverso la celebrazione quotidiana riaffermano il mito personale dell'esistere (io sono, io sono importante).E' consequenziale in questa cornice contemplare il comportamento alimentare del giovane atleta come un rituale personale, positivo o negativo, di altissimo tenore emotivo ed affettivo. Nella storia dell'uomo l'atto del mangiare ha sempre fatto da cornice agli eventi importanti del singolo, ma anche della vita di comunità in quanto in questo si celebra ogni volta il rito della vita in essere.Tornando ai bisogni della mente ed alla sua fame di stimoli, in riferimento alle abitudini alimentari dei tanti ragazzi che praticano lo sport, non possiamo ignorare come troppo spesso questi giovani atleti, cui si chiede sistematicamente di impegnarsi, di emergere e di vincere, vengano poi frustrati nell'appagamento di quei bisogni di base che vanno a ledere ed oscurare il mito personale in termini di " io non sono importante per te". Ragazzi e ragazzini sempre di corsa fra la scuola, i compiti, lo sport che spesso non hanno il tempo di mangiare o lo fanno fugacemente durante il tragitto oppure vorrebbero farlo, ma hanno dimenticato di portarlo con se; e quando dette situazioni costituiscono l'andamento abitudinario nel quotidiano non solo la mente, ma anche il corpo va in sofferenza e le prestazioni tendono a scadere, innescando dei circoli viziosi dove diventa difficile comprendere se il giovane "non va" perché non c'è la testa oppure se non c'è la testa perché il giovane non va.A tale proposito è opportuno sottolineare l'opportunità per il genitore di rimanere centrato nel suo ruolo di padre e di madre, già pregno di oneri ed onori da non sottovalutare, e non trasformarsi in un giudice di velocità sulla pista dell'esistenza dei propri ragazzi.
Cosa accade quando il genitore è scontento
Il genitore può
sentirsi scontento per vari motivi ad esempio:
Perché c'è tensione nella relazione di coppia. Quando all'interno della relazione genitoriale manca l'amorevolezza, l'alleanza, la dolcezza con perdita di stima e rispetto, reciproco, tutti gli scambi sono caratterizzati dalla tendenza ad accusarsi reciprocamente, a squalificarsi e colpevolizzarsi l'un l'altro per tutto quello che non va. La relazione si concretizza in un attrito continuo e conseguente cattivo umore generale del quale è facile immaginarne le conseguenze e le ripercussioni sull'esperienze dei figli in termini di tossicità emotiva, frustrazione e danni psicologici. Il genitore può essere scontento perché si sente oppresso da un partner geloso, asfissiante e sospettoso. L'atteggiamento sospettoso e persecutorio del partner geloso, quale atteggiamento aggressivo pregno di possessività, distrugge lentamente ogni forma di sentimento sano creando un clima relazionale di implicita ostilità, violenza e diffidenza. Può esserlo per motivi di infedeltà e relazioni extraconiugali. Quando l'altare della famiglia viene dissacrato con l'abbandono e la negazione di esso, da parte di uno dei genitori, l'effetto dissacratorio sulla prole assume un andamento negativo e demolitore a macchia d'olio nel senso che i figli tenderanno a sviluppare un carattere opportunista, vendicativo e speculatorio ad oltranza. Capita anche che il genitore è scontento perché sente di invecchiare e non accetta le trasformazioni naturali dell'età. Il genitore che va in crisi ai primi segni di maturità ed invecchiamento è un adulto nel quale è prevaricante un io bambino egocentrico e superficiale che mal si concilia con il ruolo di genitore. Il genitore immaturo in genere affascina i figli piccoli nell'età prescolare, ma contemporaneamente li costringe a non sollecitare e sviluppare la propria dimensione adulta e il proprio super io, perpetuando così l'immaturità.
Può essere scontento perché in preda a difficoltà economiche o crolli finanziari non accettati. Nella nostra epoca caratterizzata dalla cultura del successo, del benessere e dell'immagine la mancanza di agiatezza può essere vissuta come un fallimento personale o un motivo di vergogna che sacrifica ed oscura il clima emotivo di tutta la famiglia generando, con molte probabilità, nella mente dei piccoli il tarlo o la fissa dell'arricchimento a qualunque costo. Oppure può essere scontento perché non accetta che i figli crescono e diventano persona. Alcuni genitori risultano adeguati, nei rispettivi ruoli di padre o madre, solo fintanto che i bimbi sono piccoli e concepiti come una proprietà personale passiva da gestire completamente. Quando i bimbi cominciano a pensare autonomamente e ad esprimere il loro pensiero il genitore va in crisi e spesso reagisce aggressivamente ammonendo e contrastando il piccolo quasi a comunicargli l'ordine di non crescere. Oppure semplicemente perché sono un po' nevrotici ed attribuiscono la colpa del proprio scontento alle persone più vicine: la famiglia. Nel caso del genitore con nevrosi personali mai risolte si possono osservare nei figli i comportamenti disfunzionali più svariati: inversioni dei ruoli; comportamenti ansiosi; rituali ossessivi; comportamenti violenti; difficoltà di concentrazione; devianze di vario tipo.Confusi, stressati incapaci di coordinare un percorso di crescita sano e proficuo, attaccamento dipendente ed altre. Se teniamo presente quanto detto fino ad oggi circa il clima affettivo, i bisogni primari e l'eredità dell'affettività ci rendiamo conto che sempre più spesso la vera fatica è nascere figli.
I figli dei maestri
Desideriamo in questa circostanza richiamare l'attenzione sul fenomeno, sempre più frequente, in cui il maestro di tennis è anche il genitore dell'atleta. Per dare un minimo di lustro e funzione di supporto utile a tale argomento è opportuno osservarlo dalle varie angolazioni dalle quali può essere considerato.
Abbiamo l'angolo di osservazione dei genitori degli altri allievi; quello del genitore che ricopre il ruolo di maestro del proprio figlio o figlia; quello del maestro che è anche il genitore del proprio allievo o allieva; il ruolo dell'allievo in relazione al proprio maestro che è anche il suo genitore; quello dello stesso in relazione al proprio genitore che è anche il maestro di tennis e quello di un membro del gruppo in relazione ai propri compagni che non hanno il padre/maestro.
Verrebbe da pensare di primo acchito ad un caso di un conflitto di interessi, ma non è su ciò che intendiamo posare la nostra attenzione essendo la nostra una competenza squisitamente psicologica ci preme evidenziare le dinamiche psicoemotive chiamate in causa e le eventuali conseguenze disfunzionali che il fenomeno potrebbe attivare.Pensando alle competenze specifiche dei possibili duplici ruoli ricoperti da uno stesso soggetto, una legge della "relazione umana" prevede che il doppio ruolo attivo all'interno della stessa relazione tenda a spalmare le rispettive competenze fino a produrre una relazione atipica e impura difficilmente definibile in quanto le competenze si sovrappongono oscurando diversi aspetti delle componenti originali le quali, dando luogo ad inevitabili frustrazioni, possono attivare tossicità emotiva nelle parti , senso di oppressione e mortificazione del naturale appagamento auspicato proprio di ogni ruolo puro. Un classico del fenomeno descritto è rappresentato dai coniugi che lavorano insieme; costretti continuamente a sintonizzarsi ora sul ruolo di coniuge, ora sul quello di colleghi o datore e dipendente, finiscono per non essere più ne colleghi ne coniugi. Tornado al doppio ruolo di padre/maestro, quando questi richiama l'allievo o impone una regola oppure lo esclude dalla squadra del torneo in quale ruolo lo fa? Se lo fa da maestro avrà il risentimento dell'allievo/ figlio che si aspettava un qualche privilegio da parte del padre, se lo fa da padre avrà il risentimento del figlio perché non si sente trattato obiettivamente come gli altri. Dall'ottica dei genitori degli altri allievi il figlio del maestro è visto come una spina nel fianco e spesso destinato a funzione di capro espiatorio di ogni scontento: se va forte è perché il padre si impegna solo con lui; se non va vuol dire che il maestro è scadente e se non è capace col figlio figuriamoci con gli altri; se lo allena da solo è perché pensa solo ai propri interessi; se non lo allena da solo vuol dire che è un egoista e padre/padrone e cosi via. Proprio come a scuola, per il bene di tutti, l'alunno non dovrebbe mai stare in classe con la mamma o il papà insegnanti, così nel tennis sarebbe opportuno che il genitore faccia il genitore ed il maestro faccia il maestro.
Il doping uccide lo sport e anche gli sportivi
Non intendiamo in questa sede polemizzare circa gli ultimi o i precedenti casi di doping riguardanti atleti famosi, poiché nostro intento è parlare dello sport quale preziosa opportunità per la persona di migliorare la sua salute fisica e mentale e quindi la qualità della vita. Le radici dello sport affondano in un istinto naturale nella persona lo stesso che da luogo nel bambino a quel continuo frenetico movimento che appare come fenomeno fisico ma che in realtà è anche mentale. Essendo il "movimento" un comportamento istintivo al pari del mangiare e del dormire è ovvio dedurre che lo stesso assuma una funzione salutare e conservativa dello stato di benessere della persona. Lo Sport, con le sue molteplici discipline, le sue regole finalizzate e la sua funzione socializzante, si fa veicolo di quell'istinto naturale (il movimento) accompagnando l'individuo nel superamento di se stesso mentre ne promuove la crescita contribuendo all'emancipazione sociale. La sportivizzazione dello stile di vita che viviamo nel nostro tempo è traducibile in una generale ricerca della forma fisica, dello stato di salute e di varie altre potenzialità, (non ultime l'opportunità di confronto e socializzazione; di realizzare legami di amicizia; di rafforzare senso di appartenenza; di promuovere una migliore autostima e un miglior rapporto con il proprio corpo) e naturalmente il rallentamento del processo di invecchiamento. Nonostante quanto premesso sia già un notevole contributo positivo sia per il singolo che per l'intera società, data la natura egoistica e prevaricatrice degli individui, sempre più spesso si può osservare come, quando a quel naturale superamento di se stessi il corpo si oppone impedendo le farneticazioni creative del soggetto, esso possa trasformarsi in una ossessione e delirio di Superman. E' noto come sia nello sport di alto livello che in quello di massa, dilettantistico ed amatoriale, il sano rapporto con il fiero superamento di se stessi si sia smagliato poiché gli atleti, sia quelli del campetto di zona o della palestra sotto casa, sia quelli di società prestigiose e circoli d'elite, sempre più frequentemente svendono l'amor proprio, la propria dignità, il rispetto di se e del proprio corpo, nonché la sacralità dello Sport a quella malefica sostanza chimica qual'è il doping allo scopo di aumentare artificialmente le proprie prestazioni e il rendimento fisico.
Come ampiamente documentato ciò accade a ventaglio nelle diverse discipline come ad es.: nel ciclismo, nel calcio, nel tennis, nella pallacanestro, nel tiro con l'arco, nel nuoto, nella scherma, negli sport invernali eccetera. E' difficile immaginare quale tipo di sentimento intimo possa accompagnare nel dopato l'esperienza del falso trionfo anche perché i dopandi sono gli ultimi a sapere (o a voler sapere) che l'uso di tali sostanze comporta degli effetti collaterali che generalmente non si augurano nemmeno al peggior nemico. Con il tempo a livello psicologico si manifesta una riduzione della capacità critica ed autocritica, riduzione della capacità di giudizio, riduzione della coordinazione di movimenti, irregolarità del sonno, irregolarità cardiaca, turbe comportamentali quali: irrequietezza; agitazione; tensione e ipertensione, nonché allucinazioni, euforia tremori e psicosi. Per questi e per tanti altri motivi siamo sempre più convinti che l'uomo non merita il dono della vita, poiché di fronte ad essa, alla sua grandezza ed il suo mistero l'uomo dimostra di essere ancora un ottuso analfabeta.