Dott.ssa Elisabetta Vellone

Pensando ai giovani nel tempo di Nadal

Da un po' di tempo e sempre più spesso capita dialogando con giovani e ragazzi di percepire tra le righe del non detto il loro lamento anonimo; le frasi che fanno da denominatore comune sono sempre le stesse: non lo so, mi piace, non ha senso, non ci credo, non mi va, non è possibile, non ci riesco, non ce la faccio, non serve a niente ecc. ....
Risulta facile condannare e giudicare definendoli viziati, privi di voglia di impegnarsi privi di spirito di sacrificio, pigri, superficiali, dediti allo sballo e al piacere facile come in effetti spesso accade aumentando così le distanze e i disagi interiori.
Però per dovere di coscienza in funzione di adulti responsabili dobbiamo ammettere il nostro contributo in questo deragliamento giovanile, poiché era compito degli adulti (dal genitore a tutte le figure autorevoli della società) educarli, e formali alla vita guidandoli con amore vero, rispetto, coscienza e sapienza. Ma troppi genitori, abbagliati da tanta fatua materialità, hanno da tempo delegato il nobile ruolo ignorando che non esiste il "genitore per delega". La pandemia ha solo gettato legna su un braciere acceso da tempo. Quando un ragazzino si toglie la vita è un sintomo di fallimento dell'intera società.
Cari giovani, circa una settimana fa abbiamo visto un ragazzo di 35 anni, per altro affetto da una malattia grave per la quale si era operato al piede ad agosto 21 per l'ennesima volta e a dicembre aveva superato il Covid, lottare come un leone diventando leggenda del tennis mondiale. Si chiama Rafa ha due gambe, due braccia, una testa come tutti noi, come ognuno di voi, ma qual è il suo segreto? È semplice lui la sua testa ha imparato ad usarla; lui ha capito che significa saper VOLERE; lui sa incanalare l'energia nella direzione che decide! Lui padroneggia sé stesso. Ma allora se lo fa Rafa lo può fare chiunque basta volere, "volere è potere". Non certo diventare leggenda del tennis, ma padroneggiare sé stessi si.
E allora, il primo passo è smettere di guardarsi intorno non ce molto da imparare e poco di buono da vedere; guardatevi dentro e cercate i tesori nascosti dentro voi stessi, i vostri talenti, le vostre passioni, ogni essere umano è un pozzo pieno di sorprese preziose, restate lucidi e cercate dentro di voi con amore e fiducia le vostre risorse certi di trovarle. Non vi stancate. Non vi arrendete. NON VI ARRENDETE.

Dott.ssa Elisabetta Vellone

Da Abramo a Francesco

Oltre duemila anni or sono Abramo fu chiamato da Dio a farsi pellegrino con il dono di una vocazione e una missione da compiere: insegnare all'uomo a pregare, a parlare e anche discutere con Dio, Padre di tutti, il quale non è da considerarsi, se abbiamo il coraggio della fede, una Entità situata chissà in quale angolo dell'universo, ma una presenza costante in mezzo a noi, sempre al nostro fianco.
Nella quaresima 2021 Papa Francesco è andato nella terra di Abramo ripercorrendo le sue orme facendosi veicolo di una immagine di unione e portando un messaggio di pace e di fratellanza dando al contempo a noi tutti chiare indicazioni ed un esempio di coraggio e di forza nella fede rinunciando ad addirittura all' ausilio dell'auto blindata in un tempo e un luogo ritenuti pericolosi.
I grandi uomini di Dio Gesù, Abramo, e Francesco instancabilmente lavorano e hanno lavorato con cura sulla segnaletica della giusta direzione da prendere nel percorso di vita terreno, ma la storia degli uomini e la realtà attuale dimostrano una realtà umana tendenzialmente ancora selvaggia, attaccata alla materia, ignorante, ribelle e arrogante con tratti autolesivi e autodistruttivi; quindi mentalmente cieca poiché non riesce a cogliere la consequenzialità causa/effetto dei propri dolori e dei propri fallimenti.

L'uomo non impara ...risulta sempre più spesso disfunzionale a se stesso e al suo prossimo; sa piagnucolare, sbraitare come una belva affamata, sa essere feroce e spietato, ma non fa tesoro della sua intelligenza e della sua squisita potenzialità di vivere in amore e per amore.
Auguriamo ai posteri che fra duemila anni non abbiano ancora bisogno di un uomo di Dio per curare grandi piaghe come accade in questa nostra epoca.
(marzo 2021)

Dott.ssa Elisabetta Vellone

La vita sta perdendo valore?

Con umana amarezza ci accingiamo a considerare un fenomeno triste e spaventoso al contempo relativo all'ipotesi di apparente perdita di valore del "dono della vita". 
Inutile elencare i recenti numerosi suicidi ad opera di giovani e giovanissimi o il lungo elenco di omicidi efferati ai danni di un partner il quale manifesti intenzione di interrompere una relazione o, ancora, la morte violenta indotta a genitori non compiacenti, oppure le violenze gratuite perpetrate ad opera di bulli assetati di malvagio dominio sulla persona altrui.
Nostro obiettivo in questa sede non è quello di sostituirci alla cronaca, ma cercare di fare luce su cosa si cela dietro questo tetro palcoscenico.
Si potrebbe a ragione supporre che l'essere umano stia perdendo la capacità di amare vista la chiara tendenza alla possessività di cose e persone, ma ciò non spiegherebbe comunque il fenomeno preso in esame. È con tale intento allora occorre considerare l'età della formazione della persona e le leggi che la regolano; il bambino nasce con una bozza di personalità da non confondere con il carattere che è frutto di un processo di apprendimento pilotato e nutrito da una intima griglia valoriale innata. 
Tornando alla tendenza comportamentale lesiva ed autolesiva di cui sopra è quindi doveroso posare l'attenzione sulle capacita soggettive a gestire i "NO" della vita; ovvero la capacità di gestire una frustrazione

Da qualche generazione si nota come, con andamento crescente, nella scaletta valoriale genitoriale i figli non sono più il dono più prezioso della vita, ma anzi a volte sono vissuti quali un'incombenza faticosa e limitante; mentre in altre una proprietà personale; alcune volte in un baluardo di cui gloriarsi.
Da dette devianti letture della genitorialità evince un pericoloso prevalere dell'egoismo contemporaneamente ad una altrettanto pericolosa carenza di vero amore. Il genitore che segue l'EGO non ha né tempo, né la testa per donarsi amorevolmente alla cura e l'educazione della prole, tant'è che inconsciamente per placare il senso di colpa tenderà a compensare, prendendo in giro sé stesso e il proprio piccolo, "concedendo" ad oltranza e dando raramente il buon esempio.
Egli elargisce beni materiali superflui e mai richiesti, consente libertà esagerate; impartisce regole blande o neanche se non addirittura insussistenti eludendo l'insegnamento dei valori veri, , dei principi morali, il valore della persona e del dono della vita.
Da tutto ciò e molto non detto si organizza nel tempo una griglia cognitiva e un profilo comportamentale propri di un soggetto fragile, difficile e infelice, tendenzialmente aggressivo, incline a pretendere di ottenere sempre ciò che desidera, allergico a qualsiasi forma di sacrificio, psicologicamente anaffettivo, incapace di empatizzare col suo prossimo ma anche di auto ripararsi con una opportuna autocritica.
Questo è il profilo storico di soggetti con "bassa tolleranza alla frustrazione" i quali provano a liberarsi dalla sofferenza vissuta come insopportabile togliendo così la vita a sé stessi o agli altri. 
(febbraio 2021)

Dott.ssa Elisabetta Vellone

I bambini della pandemia - uomini e donne di domani

Secondo legge di natura il bambino cresce e si evolve, lungo il percorso nelle varie fasi dello sviluppo, in direzione di un adattamento funzionale al proprio benessere e alla sopravvivenza grazie all'apporto costante e progressivo dell'ambiente di appartenenza. 
Il processo formativo del piccolo può anche essere definito "esperienza allo specchio" nel senso che tutto ciò che risulta appagante o frustrante per se stessi, grazie al traduttore emotivo simultaneo innato, viene acquisito come caratteristiche del SE [valgo/non valgo; posso/non posso].
In altre parole il bambino trascurato legge il disagio come prova di un Se scadente, non amabile e nelle richieste di cure e coccole non evase traduce come una propria incapacità di chiedere ed ottenere.
Ricordando instancabilmente che il bisogno di amore non è un optional, ma un "bisogno primario" propedeutico alla salute mentale e al sano sviluppo veniamo al dunque.
In questa epoca pandemica la famiglia, già resa impoverita e distratta, nel prestigioso ruolo di educatore e formatore della prole, a causa del malcostume imperante e il dilagare dei "falsi valori" si trova ora ad annaspare sotto gli effetti delle restrizioni e dei tanti conseguenti disagi psico-ambientali: come in una magna regressione di massa molti adulti sembrano tornati bambini incoscienti.

Un genitore impaurito, preoccupato, senza la normale libertà decisionale e di movimento, privato delle sue aree di ristoro mentale, costretto a condividere interi giorni in spazi limitati e invadenti, spesso con l'aggravante di perdite economiche e posti di lavoro, ma parliamoci chiaro è un genitore nevrotico e disperato che spesso presenta disturbi emotivi quali irritabilità, insonnia, aggressività, mancanza di empatia, momenti di depressione ed altre simili; e cosa è in grado di dare detto genitore ai propri figli? Quale buon esempio o buon intento o punto di riferimento può produrre agli occhi di questi?
Questi attuali bambini così gravemente deprivati di cotanta linfa vitale in età formativa, intossicati da un abuso di tecnologia traghettatrice di materiale scadente e pericoloso che adulti potranno divenire?
Ci risparmiamo le ipotesi in tecnico/scientifiche per lasciare spazio all'idea e la speranza di un miracolo.
(febbraio 2021)

Dott.ssa Elisabetta Vellone

Il coronavirus e le sue vittime

La pandemia sta mietendo vittime su vittime. Nonostante il superlavoro dei nostri medici, paramedici e degli scienziati è ancora il virus ad avere la meglio nella lotta in atto.
Però è opportuno, sebbene doloroso, evidenziare anche il gravoso problema delle vittime "da effetti collaterali", quali la crisi dell'economia con inevitabile impoverimento capillare e la crisi psicologica individuale che si evolve in malessere sociale. Sotto la base di questo gigantesco ballo in maschera, o in "mascherine", scorre una marea di dolore e di ostilità, di disagi, di scontento generale e sofferenze di ogni tipo che lievitando danno luogo sempre più frequentemente ad azioni drammatiche.
E' difficile qualificare la sfaccettatura più preoccupante di detta situazione, ma sicuramente non è sbagliato considerare di primo piano quella dei giovani e dei giovanissimi.
La nostra gioventù e i nostri ragazzini, già lentamente privati della naturale base sicura quale la famiglia e solide figure genitoriali di riferimento, si trovano ora a confrontarsi con una severa esperienza da "terzo incomodo". La scuola assimilata culturalmente come spazio di diritto e di dovere appartenente ai giovani quale luogo sociale in cui formarsi, istruirsi, socializzare e confrontarsi prima dell'età adulta è ora un bene svilito, incerto precario o centellinato. Scuole aperte; scuole chiuse; turni ridotti; lezioni a distanza. Niente feste, niente sport, niente gite . Vietato toccarsi o giocare insieme. Banchi singoli, banchi assenti. Edifici scolastici fatiscenti. Secchioni stracolmi di immondizia fuori dai cancelli. Insegnanti mancanti, presidi infuriati, genitori nevrotici, impoveriti e stressati anche da orari scolastici inconsueti dei propri figli.
Poiché tutti siamo stati bambini e ragazzi proviamo a calarci nella loro condizione e chiediamoci come è possibile studiare e assimilare appassionandosi alla conoscenza in detta situazione; come è possibile prendere l'impegno scolastico come una cosa seria e come è possibile credere negli adulti, avere fiducia! E come progettare un futuro con entusiasmo, o impegnarsi per raggiungere un obiettivo: è davvero facile sentirsi di troppo e anche presi in giro.
Pensando alla sfaccettatura presa in esame se ancora siamo capaci di credere nel buono e nel giusto; se ancora siamo capaci di promuovere lo sviluppo , la crescita del nostro paese non possiamo non comprendere che occorre puntare sui giovani curandoli con amore e saggezza come un giardiniere cura i suoi fiori.
Sarebbe doveroso per ogni Autorità sociale deputata a prendere decisioni per terzi farsi affiancare, nel loro delicato compito, da un esperto di psicologia e in particolare esperto di psicologia dell'età evolutiva.
I tuttologi creano solo caos.

Dott.ssa Elisabetta Vellone

Il polmone nero dell'umanità

Questa società sta deragliando sia nelle cosi dette "alte sfere" , sia in quelle definite basse, poiché in termini di miseria interiore non vi è alcuna differenza fra le fasce sociali.

Il dio denaro e suo figlio il potere, osannati già in tenera età, hanno svuotato l'uomo di ogni vera ricchezza e di ogni sua sacra risorsa per poi farcirlo di illusioni ed ignoranza. Così quell'animale chiamato uomo, cammina nella sua vita come un drone manovrato; inutile, minaccioso e assente, inespressivo, non pensa, non ha coscienza, non ha direzione, non dimostra alcuna umanità, fotografa se stesso continuamente e si ubriaca nella "rete" convinto di esistere in essa. Gli spazi sociali sia quelli in luoghi chiusi entro onorabili mura, affreschi e colonne, sia quelli all'aperto sono divenuti discariche abusive occulte sature delle brutture, degli illeciti, degli abusi di potere e del prodotto della squallida omertà di tutti quelli che vigliaccamente coprono, non si espongono tradendo e ingannando se stessi, la vita e l'intero sistema.

Il male c'è, sta assediando l'uomo il quale quanto più gode di potere sociale tanto più è disfattista e nefasto . Il male trabocca da ogni viscere dell'esistente. La natura è stuprata e abusata, l'atmosfera idem, la vita del singolo è ridotta ad un lancio nel vuoto ogni giorno. Alla faccia di chi dedica tutto se stesso agli studi per allungare la vita, per curare e prevenire malattie il povero "drone" sta manifestando con triste indifferenza il recupero della morte precoce entro il mezzo secolo dalla nascita. Per Infarti, suicidi, eccessi vari, disagi mentali non solo giovanili oltre alla morte violenta ogni giorno chi è il manovratore di tanto sfacelo? Chi è il polmone nero di questa umanità?

Onestamente dobbiamo ammettere che siamo noi stessi. Uccisa la dignità e il sacro senso dell'onore personale abbiamo iniziato a servire il polmone nero esercitando a testa bassa: egoismo, orgoglio, violenza, sopraffazione, indifferenza, prevaricazione, sfruttamento, abusi, soprusi, cinismo.

Abbiamo smesso di amarci e di amare la vita; la vita smetterà di amare noi.

Dott.ssa Elisabetta Vellone

Proviamo a ripartire dall'amore genitoriale

Capacità d'impegno e senso di responsabilità

Si è letto in questi giorni sui quotidiani a proposito di "quei genitori che avvelenano le scuole di calcio" e potremmo aggiungere con cognizione di causa quei genitori che avvelenano regolarmente le varie possibili scuole frequentate dai figli. Ricordiamo che l'amore genitoriale per unicità ed eccellenza dovrebbe essere all'insegna della gratuità in linea con il sacro principio del vero bene dei figli, vero bene che si concretizza nell'essere amorevolmente erudito, accompagnato e guidato, durante la delicata età della formazione, ad esprimersi e manifestarsi secondo le proprie risorse e le proprie potenzialità all'insegna di quel filo rosso coerente qual è il sacro rispetto di se stessi, degli altri e del dono della vita.In detta complessa fase formativa, del piccolo/giovane, caratterizzata dalla naturale dipendenza dalle figure di riferimento, il genitore, agevolato dalla fiducia privilegiata di cui gode da parte di questi, ha il dovere morale e civile di fornirgli attraverso l'esempio e i sani criteri della comunicazione onesta tutto il bagaglio di risorse psicologiche e mentali raccolte sotto il titolo di capacità affettive adeguate e funzionali per la persona.

Per capacità affettive adeguate e funzionali si intende praticamente tutto " il fare" dell'individuo. Detto "fare" sostanziato negli intenti, nei sentimenti, negli atteggiamenti, nelle azioni e nei comportamenti può essere considerato la luce riflessa dell'educazione e degli insegnamenti ricevuti; bagaglio che comprende essenze valoriali quali: Capacità di distinguere il bene dal male; Accettazione e rispetto delle regole; Accettazione incondizionata del prossimo; Rispetto delle autorità; Capacità di impegno e senso di responsabilità; Capacità di distinguere il fare dall'essere; Coscienza degli indiscutibili diritti e doveri.
L'elenco potrebbe protrarsi, ma qualunque mente sana può farlo autonomamente.
Il genitore che vuole sostituirsi al Mister, all'Insegnante o al Maestro a suon di critiche o insinuazioni malefiche non solo dispiace a questi e gli impedisce di fare serenamente il proprio lavoro, ma soprattutto imbroglia e confonde il proprio figlio deragliandolo in direzione di una lettura del mondo esterno come un luogo arido, sleale, nemico e faticoso che lo induce a nutrire diffidenza, superficialità, ostilità e RABBIA la quale inevitabilmente un giorno esploderà.
Sappiamo tutti di come la rabbia esplode ogni giorno.

Il club come una famiglia ...

Consentitemi di sottolineare le caratteristiche del concetto di famiglia in quanto, forse, la conoscenza della stessa, che sembra propria di tutti noi, al contrario lo è solo in forma approssimata.La famiglia se pur cellula più piccola del sistema sociale costituisce l'istituzione fondamentale della società; essa può essere fondata sul matrimonio o la convivenza mutuata da legami affettivi e da un sistema di valori condivisi dove i membri che la compongono sostengono e condividono caratteristiche di stabilità, esclusività e responsabilità, grazie alle quali il sistema sociale si perpetua, si riproduce e si rinnova su ogni piano della realtà umana.

Ci rendiamo conto come la descrizione di cui sopra, data la maxi crisi in atto che non ha colpito solo la famiglia, ma ogni cellula del sistema, compreso il singolo l'individuo, possa stridere con la arida realtà fattiva ed affettiva di questa nostra epoca. Con orgoglio e rinnovata speranza possiamo però sostenere che la stabilità, i legami affettivi, i valori condivisi e il senso di responsabilità continuino a germogliare imperterriti in ogni terreno fertile disponibile uno dei quali è il mondo dello sport con i suoi molteplici clubs che potremmo assimilare ad una famiglia in quanto la grande mole di atleti di ogni età e delle diverse discipline, attraverso la persona giuridica dei propri clubs di appartenenza, non perde occasione per celebrare e condividere il dolore delle perdite umane in particolar modo di colleghi con incontri e partite memorial oppure partite a scopo di beneficenza per finire con la raccolta di fondi per la ricerca.Azioni nobili per nobili intenti dettati dalla gratuità che molto ci rassicurano nonostante tutto.

Alimentazione e giovani atleti 

Nel nostro paese circa il 30 % dei ragazzi praticano una disciplina sportiva. E' parere condiviso il ritenere che un'attività sportiva, nell'esperienza giovanile, sia un contributo prezioso per lo sviluppo e lo stato di salute psicofisica. Pensando a ciò è opportuno sottolinearne le caratteristiche le quali a livello fisico si esprimono sotto forma di un corpo atletico, sano ed energico mentre a livello psichico si evidenziano sotto forma di maturazione adeguata all'età cronologica, alla capacità affettiva, di impegno e senso di responsabilità, doti queste che scaturiscono dall'eredità di uno stile educativo sano , coerente, centrato sul criterio del vero bene della persona.

In tutte le prestazioni personali, ed in particolare in quelle sportive, lo stato di armonia e di corrispondenza fra corpo e mente si basa sul naturale appagamento tra bisogni fisici e mentali intendendo per bisogno la conditio sine qua non . Fin dai tempi antichissimi la scienza dell'alimentazione venne applicata allo sport quindi, in termini fisici, è assodato che l'apporto adeguato di sostanze nutritive basato su una alimentazione responsabile consenta e promuova lo stato di salute del corpo atletico; mentre, per quanto concerne i bisogni mentali escludendo il settore professionisti affermati, regna ancora una tendenza all'improvvisazione spontanea che affannosamente corrisponda alla fame di stimoli positivi caratterizzante la mente giovanile.Per legge di natura l'attività mentale tende a regolare, in cicli reiteranti, moltissime azioni del corpo e della psiche (il ciclo del sonno; il ciclo della fame; quello della massima efficienza soggettiva ecc.) l'azione mentale della ciclicizzazione dei comportamenti consiste nella automatizzazione dei medesimi aumentandone così la velocità di esecuzione, la padronanza e la disinvoltura del soggetto nonché il senso di sicurezza personale grazie all'ordine mentale che si realizza e che comunemente definiamo abitudini. Le quali, come rito o rituale personale che attraverso la celebrazione quotidiana riaffermano il mito personale dell'esistere (io sono, io sono importante).E' consequenziale in questa cornice contemplare il comportamento alimentare del giovane atleta come un rituale personale, positivo o negativo, di altissimo tenore emotivo ed affettivo. Nella storia dell'uomo l'atto del mangiare ha sempre fatto da cornice agli eventi importanti del singolo, ma anche della vita di comunità in quanto in questo si celebra ogni volta il rito della vita in essere.Tornando ai bisogni della mente ed alla sua fame di stimoli, in riferimento alle abitudini alimentari dei tanti ragazzi che praticano lo sport, non possiamo ignorare come troppo spesso questi giovani atleti, cui si chiede sistematicamente di impegnarsi, di emergere e di vincere, vengano poi frustrati nell'appagamento di quei bisogni di base che vanno a ledere ed oscurare il mito personale in termini di " io non sono importante per te".  Ragazzi e ragazzini sempre di corsa fra la scuola, i compiti, lo sport che spesso non hanno il tempo di mangiare o lo fanno fugacemente durante il tragitto oppure vorrebbero farlo, ma hanno dimenticato di portarlo con se; e quando dette situazioni costituiscono l'andamento abitudinario nel quotidiano non solo la mente, ma anche il corpo va in sofferenza e le prestazioni tendono a scadere, innescando dei circoli viziosi dove diventa difficile comprendere se il giovane "non va" perché non c'è la testa oppure se non c'è la testa perché il giovane non va.A tale proposito è opportuno sottolineare l'opportunità per il genitore di rimanere centrato nel suo ruolo di padre e di madre, già pregno di oneri ed onori da non sottovalutare, e non trasformarsi in un giudice di velocità sulla pista dell'esistenza dei propri ragazzi.


Cosa accade quando il genitore è scontento 

Il genitore può sentirsi scontento per vari motivi ad esempio:

Perché c'è tensione nella relazione di coppia. Quando all'interno della relazione genitoriale manca l'amorevolezza, l'alleanza, la dolcezza con perdita di stima e rispetto, reciproco, tutti gli scambi sono caratterizzati dalla tendenza ad accusarsi reciprocamente, a squalificarsi e colpevolizzarsi l'un l'altro per tutto quello che non va. La relazione si concretizza in un attrito continuo e conseguente cattivo umore generale del quale è facile immaginarne le conseguenze e le ripercussioni sull'esperienze dei figli in termini di tossicità emotiva, frustrazione e danni psicologici. Il genitore può essere scontento perché si sente oppresso da un partner geloso, asfissiante e sospettoso. L'atteggiamento sospettoso e persecutorio del partner geloso, quale atteggiamento aggressivo pregno di possessività, distrugge lentamente ogni forma di sentimento sano creando un clima relazionale di implicita ostilità, violenza e diffidenza. Può esserlo per motivi di infedeltà e relazioni extraconiugali. Quando l'altare della famiglia viene dissacrato con l'abbandono e la negazione di esso, da parte di uno dei genitori, l'effetto dissacratorio sulla prole assume un andamento negativo e demolitore a macchia d'olio nel senso che i figli tenderanno a sviluppare un carattere opportunista, vendicativo e speculatorio ad oltranza. Capita anche che il genitore è scontento perché sente di invecchiare e non accetta le trasformazioni naturali dell'età. Il genitore che va in crisi ai primi segni di maturità ed invecchiamento è un adulto nel quale è prevaricante un io bambino egocentrico e superficiale che mal si concilia con il ruolo di genitore. Il genitore immaturo in genere affascina i figli piccoli nell'età prescolare, ma contemporaneamente li costringe a non sollecitare e sviluppare la propria dimensione adulta e il proprio super io, perpetuando così l'immaturità. 

Può essere scontento perché in preda a difficoltà economiche o crolli finanziari non accettati. Nella nostra epoca caratterizzata dalla cultura del successo, del benessere e dell'immagine la mancanza di agiatezza può essere vissuta come un fallimento personale o un motivo di vergogna che sacrifica ed oscura il clima emotivo di tutta la famiglia generando, con molte probabilità, nella mente dei piccoli il tarlo o la fissa dell'arricchimento a qualunque costo. Oppure può essere scontento perché non accetta che i figli crescono e diventano persona. Alcuni genitori risultano adeguati, nei rispettivi ruoli di padre o madre, solo fintanto che i bimbi sono piccoli e concepiti come una proprietà personale passiva da gestire completamente. Quando i bimbi cominciano a pensare autonomamente e ad esprimere il loro pensiero il genitore va in crisi e spesso reagisce aggressivamente ammonendo e contrastando il piccolo quasi a comunicargli l'ordine di non crescere. Oppure semplicemente perché sono un po' nevrotici ed attribuiscono la colpa del proprio scontento alle persone più vicine: la famiglia. Nel caso del genitore con nevrosi personali mai risolte si possono osservare nei figli i comportamenti disfunzionali più svariati: inversioni dei ruoli; comportamenti ansiosi; rituali ossessivi; comportamenti violenti; difficoltà di concentrazione; devianze di vario tipo.Confusi, stressati incapaci di coordinare un percorso di crescita sano e proficuo, attaccamento dipendente ed altre. Se teniamo presente quanto detto fino ad oggi circa il clima affettivo, i bisogni primari e l'eredità dell'affettività ci rendiamo conto che sempre più spesso la vera fatica è nascere figli.

I figli dei maestri

Desideriamo in questa circostanza richiamare l'attenzione sul fenomeno, sempre più frequente, in cui il maestro di tennis è anche il genitore dell'atleta. Per dare un minimo di lustro e funzione di supporto utile a tale argomento è opportuno osservarlo dalle varie angolazioni dalle quali può essere considerato.

Abbiamo l'angolo di osservazione dei genitori degli altri allievi; quello del genitore che ricopre il ruolo di maestro del proprio figlio o figlia; quello del maestro che è anche il genitore del proprio allievo o allieva; il ruolo dell'allievo in relazione al proprio maestro che è anche il suo genitore; quello dello stesso in relazione al proprio genitore che è anche il maestro di tennis e quello di un membro del gruppo in relazione ai propri compagni che non hanno il padre/maestro.

Verrebbe da pensare di primo acchito ad un caso di un conflitto di interessi, ma non è su ciò che intendiamo posare la nostra attenzione essendo la nostra una competenza squisitamente psicologica ci preme evidenziare le dinamiche psicoemotive chiamate in causa e le eventuali conseguenze disfunzionali che il fenomeno potrebbe attivare.Pensando alle competenze specifiche dei possibili duplici ruoli ricoperti da uno stesso soggetto, una legge della "relazione umana" prevede che il doppio ruolo attivo all'interno della stessa relazione tenda a spalmare le rispettive competenze fino a produrre una relazione atipica e impura difficilmente definibile in quanto le competenze si sovrappongono oscurando diversi aspetti delle componenti originali le quali, dando luogo ad inevitabili frustrazioni, possono attivare tossicità emotiva nelle parti , senso di oppressione e mortificazione del naturale appagamento auspicato proprio di ogni ruolo puro. Un classico del fenomeno descritto è rappresentato dai coniugi che lavorano insieme; costretti continuamente a sintonizzarsi ora sul ruolo di coniuge, ora sul quello di colleghi o datore e dipendente, finiscono per non essere più ne colleghi ne coniugi. Tornado al doppio ruolo di padre/maestro, quando questi richiama l'allievo o impone una regola oppure lo esclude dalla squadra del torneo in quale ruolo lo fa? Se lo fa da maestro avrà il risentimento dell'allievo/ figlio che si aspettava un qualche privilegio da parte del padre, se lo fa da padre avrà il risentimento del figlio perché non si sente trattato obiettivamente come gli altri. Dall'ottica dei genitori degli altri allievi il figlio del maestro è visto come una spina nel fianco e spesso destinato a funzione di capro espiatorio di ogni scontento: se va forte è perché il padre si impegna solo con lui; se non va vuol dire che il maestro è scadente e se non è capace col figlio figuriamoci con gli altri; se lo allena da solo è perché pensa solo ai propri interessi; se non lo allena da solo vuol dire che è un egoista e padre/padrone e cosi via. Proprio come a scuola, per il bene di tutti, l'alunno non dovrebbe mai stare in classe con la mamma o il papà insegnanti, così nel tennis sarebbe opportuno che il genitore faccia il genitore ed il maestro faccia il maestro.

Il doping uccide lo sport e anche gli sportivi

Non intendiamo in questa sede polemizzare circa gli ultimi o i precedenti casi di doping riguardanti atleti famosi, poiché nostro intento è parlare dello sport quale preziosa opportunità per la persona di migliorare la sua salute fisica e mentale e quindi la qualità della vita. Le radici dello sport affondano in un istinto naturale nella persona lo stesso che da luogo nel bambino a quel continuo frenetico movimento che appare come fenomeno fisico ma che in realtà è anche mentale. Essendo il "movimento" un comportamento istintivo al pari del mangiare e del dormire è ovvio dedurre che lo stesso assuma una funzione salutare e conservativa dello stato di benessere della persona. Lo Sport, con le sue molteplici discipline, le sue regole finalizzate e la sua funzione socializzante, si fa veicolo di quell'istinto naturale (il movimento) accompagnando l'individuo nel superamento di se stesso mentre ne promuove la crescita contribuendo all'emancipazione sociale. La sportivizzazione dello stile di vita che viviamo nel nostro tempo è traducibile in una generale ricerca della forma fisica, dello stato di salute e di varie altre potenzialità, (non ultime l'opportunità di confronto e socializzazione; di realizzare legami di amicizia; di rafforzare senso di appartenenza; di promuovere una migliore autostima e un miglior rapporto con il proprio corpo) e naturalmente il rallentamento del processo di invecchiamento. Nonostante quanto premesso sia già un notevole contributo positivo sia per il singolo che per l'intera società, data la natura egoistica e prevaricatrice degli individui, sempre più spesso si può osservare come, quando a quel naturale superamento di se stessi il corpo si oppone impedendo le farneticazioni creative del soggetto, esso possa trasformarsi in una ossessione e delirio di Superman. E' noto come sia nello sport di alto livello che in quello di massa, dilettantistico ed amatoriale, il sano rapporto con il fiero superamento di se stessi si sia smagliato poiché gli atleti, sia quelli del campetto di zona o della palestra sotto casa, sia quelli di società prestigiose e circoli d'elite, sempre più frequentemente svendono l'amor proprio, la propria dignità, il rispetto di se e del proprio corpo, nonché la sacralità dello Sport a quella malefica sostanza chimica qual'è il doping allo scopo di aumentare artificialmente le proprie prestazioni e il rendimento fisico. 

Come ampiamente documentato ciò accade a ventaglio nelle diverse discipline come ad es.: nel ciclismo, nel calcio, nel tennis, nella pallacanestro, nel tiro con l'arco, nel nuoto, nella scherma, negli sport invernali eccetera. E' difficile immaginare quale tipo di sentimento intimo possa accompagnare nel dopato l'esperienza del falso trionfo anche perché i dopandi sono gli ultimi a sapere (o a voler sapere) che l'uso di tali sostanze comporta degli effetti collaterali che generalmente non si augurano nemmeno al peggior nemico. Con il tempo a livello psicologico si manifesta una riduzione della capacità critica ed autocritica, riduzione della capacità di giudizio, riduzione della coordinazione di movimenti, irregolarità del sonno, irregolarità cardiaca, turbe comportamentali quali: irrequietezza; agitazione; tensione e ipertensione, nonché allucinazioni, euforia tremori e psicosi. Per questi e per tanti altri motivi siamo sempre più convinti che l'uomo non merita il dono della vita, poiché di fronte ad essa, alla sua grandezza ed il suo mistero l'uomo dimostra di essere ancora un ottuso analfabeta.